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(C0309) Le satire d'Orazio - Giovanni Mosca ()(53/2)

Aggiornamento: 24 nov 2022


Le satire d'Orazio - Giovanni Mosca


Italiano | 1973 | EAN: 2567357003774

Traduzione : Giovanni Mosca


Giovanni Mosca ha tradotto le

Satire d’Orazio fuori da ogni impaccio eru­dito e scolastico. Le ha tradotte, dice lui. « con coscienza e serie­tà »; cioè secondo le esigenze del suo temperamento e le reazioni della sua sensibilità d’umorista. Ha voluto rivelare al pubblico l’umorismo delle satire oraziane,

ridotto a malpartito e oscurato dal linguaggio dotto dei professori, trasferendolo in modi sciòl­ti e moderni subito accessibili al gusto del lettore odierno, cer­cando di dare nuova vita alle parole, alle frasi, al modi di direin cui maggiormente è contenu­to l’umorismo oraziano; non tra­ducendoli letteralmente o facen­dosi prendere la mano da certe non più efficaci costruzioni lati­ne, ma « prendendo quelle frasi e quei modi di dire e voltandoli

in altri, italiani, vivi, attuali, che con maggiore efficacia ed imme­diatezza esprimessero il medesi­mo concetto».Ne è venuto fuori un Orazio satiro d’un genere che farà sgra­nare gli occhi a più d’uno; un Orazio che si esprime come un collaboratore del Bertoldo, in sta guisa favellando: «... come se, avendo bisogno d’un bicchier di acqua: — Ai fiumi! — tu gridassi

— Ai grandi e più conosciuti corsi d’acqua! Mi faccio beffe delle fontanelle! »; (con che si tradu­cono i noti versi della satira pri­ma del primo libro.Il professore pignolo darebbe cinque a Mosca nella versione dal latino e supplicherebbe l’ombra d’Orazio di perdonare a quello

sconsigliato; ma a noi « Mi fac­cio beffe delle fontanelle! » suona come una parafrasi felice e sciol­ta del concetto oraziano, che rende con estro brioso la viva­cità del dettato.Perchè va premesso (anche se Mosca ammette d’essersi conces­sa appena una piccolissima li­bertà nei confronti dell’origina­le) che la sua versione in prosa di libertà se ne prende molte, si risolve anzi in una vera e pro­pria parafrasi; la quale tuttavia, il più delle volte, si limita alla so­stituzione dell’espressione verba­le con altra analoga derivata dai modi dell’umorismo modernissi­mo, e non distorce il concetto ora­ziano dal suo significato. Nel qualcaso al lettore resta da determi­nare se la sostituzione è più o meno accettabile e rispondente grosso modo alle variazioni dello stile delle Satire alla loro mu­sica interiore. Naturalmente non sempre la ciambella riesce, e il metodo del Mosca offre motivi di

ragionate riserve. Tuttavia esso sostiene il tentativo di moderniz­zare l’umorismo oraziano con tro­vate che lo rialzano di tono e lo rendono immediato ed eloquen­te, attraverso le risorse d’una fra­seologia quanto mai plastica ed evidente. Valga d’esempio la sa­tira quinta del primo libro, quel­la notissima del viaggio a Brin­disi compiuto nel 38 av. C. in compagnia di Mecenate e di Vir­gilio. La versione è caratteristica delle risorse e dei pericoli del metodo del traduttore. Qui si tra­scorre da una stretta aderenza al testo ad una libertà formale e sostanziale che intacca talvoltail pensiero del poeta e lo defor­ma. Scopriamo anzi il Mosca in atteggiamento riservato davanti ad alcune espressioni oraziane, realistiche, certo, eppure conna­turali al modo di sentire e al costume del tempo, sì che travi­sandole (sia pure con le più one­ste intenzioni) si tradisce Ora- zio: si tratta dei versi relativi al pisolino del poeta davanti ad un caminetto nella città pugliese di Trevico, mentre aspetta una fa­cile fanciulla che ha promesso di venire e non viene; fino a che (traduce il Mosca) « il sonno mi colse tutto preso da desideri in­nominabili, e per tutta la notte sognai donne discinte galoppan­ti su cigni ». Orazio non parla affatto di donne galoppanti nè dicigni; dice tutt’altra cosa, e la dice con parole crude ma precise. Il Mosca, davanti a questo pas­so compromettente, ha creduto di cavarsela scherzando. Strano ohe un umorista spregiudicato e rivoluzionario come lui si preoc­cupi di edulcorare Orazio. Ma, fatta questa riserva, la quinta satira come la traduce il Mosca è quasi tutta di nostro gusto e l’atmosfera del viaggio vi è toni­ficata con divertenti trasposizio­ni dei concetti originali in espres­sioni moderne di pittoresca evi­denza. E le si può mettere ac­canto la satira nona (quella del seccatore della via Appia), tutta discorsiva, dove il Mosca si muo­ve ch’è un piacere a vederlo an­che se comincia traducendo l’ora­ziano nescio quid meditansnugarum (meditando non so che bazzècole) con la solita immagi­ne fiabesca,

pensando a cigni ecavalli bianchi, che sul terreno realistico della satira è fiore che proprio non attecchisce. Ma nel seguito la vivacità scanzonata della scena e l’eloquio dell'eme­rito rompiscatole si adeguano al­lo schema formale della satira e al suo contenuto etico e ne de­riva un tono umoristico e para­dossale di singolare efficacia. Ec­covi alcuni exempla locutionis,

che vi autorizzano ad aggiunge­re il seccatore romano alla lista dei personaggi ormai celebri dei divertimenti settimanali di Mo­sca, vuoi l’astuto barone o l’in­fernale vecchietto o il signor Ul­derico:— Sono orfano e scacciato nel dì delle nozze...— Avvenga il doppio tramon­to del sole se so qualche cosa di legge...— Chi mi batte, mentre dan­zo, in mossette ed attuzzi?Insomma, Mosca ha ragione di dire che ha fatto discendere Ora- zio dal suo monumento lettera­rio perchè, ridiventato l’ometto che era, il lettore d’oggi gli si accosti senza soggezione e si di­verta a discorrere con lui. Del resto già il Romagnoli, che pur essendo un erudito era un uomo di gusto moderno e sapeva av­vicinare i poeti alle folle, disse a proposito delle Satire ch’esse so­no tra le opere più traducibili della letteratura latina: e le tra­dusse infatti anche lui assai be­ne. Quanto a farle comprendere nella lettera e nello spirito sen­za bisogno di chiose, il Mosca ha provveduto nel modo che s’è det­to; e se gli eruditi si scandaliz­zeranno, noi ci consoleremo pen­sando ai moltissimi profani che ameranno Orazio attraverso

que­sto piacevole travestimento.

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