Le satire d'Orazio - Giovanni Mosca
Italiano | 1973 | EAN: 2567357003774
Traduzione : Giovanni Mosca
Giovanni Mosca ha tradotto le
Satire d’Orazio fuori da ogni impaccio erudito e scolastico. Le ha tradotte, dice lui. « con coscienza e serietà »; cioè secondo le esigenze del suo temperamento e le reazioni della sua sensibilità d’umorista. Ha voluto rivelare al pubblico l’umorismo delle satire oraziane,
ridotto a malpartito e oscurato dal linguaggio dotto dei professori, trasferendolo in modi sciòlti e moderni subito accessibili al gusto del lettore odierno, cercando di dare nuova vita alle parole, alle frasi, al modi di direin cui maggiormente è contenuto l’umorismo oraziano; non traducendoli letteralmente o facendosi prendere la mano da certe non più efficaci costruzioni latine, ma « prendendo quelle frasi e quei modi di dire e voltandoli
in altri, italiani, vivi, attuali, che con maggiore efficacia ed immediatezza esprimessero il medesimo concetto».Ne è venuto fuori un Orazio satiro d’un genere che farà sgranare gli occhi a più d’uno; un Orazio che si esprime come un collaboratore del Bertoldo, in sta guisa favellando: «... come se, avendo bisogno d’un bicchier di acqua: — Ai fiumi! — tu gridassi
— Ai grandi e più conosciuti corsi d’acqua! Mi faccio beffe delle fontanelle! »; (con che si traducono i noti versi della satira prima del primo libro.Il professore pignolo darebbe cinque a Mosca nella versione dal latino e supplicherebbe l’ombra d’Orazio di perdonare a quello
sconsigliato; ma a noi « Mi faccio beffe delle fontanelle! » suona come una parafrasi felice e sciolta del concetto oraziano, che rende con estro brioso la vivacità del dettato.Perchè va premesso (anche se Mosca ammette d’essersi concessa appena una piccolissima libertà nei confronti dell’originale) che la sua versione in prosa di libertà se ne prende molte, si risolve anzi in una vera e propria parafrasi; la quale tuttavia, il più delle volte, si limita alla sostituzione dell’espressione verbale con altra analoga derivata dai modi dell’umorismo modernissimo, e non distorce il concetto oraziano dal suo significato. Nel qualcaso al lettore resta da determinare se la sostituzione è più o meno accettabile e rispondente grosso modo alle variazioni dello stile delle Satire alla loro musica interiore. Naturalmente non sempre la ciambella riesce, e il metodo del Mosca offre motivi di
ragionate riserve. Tuttavia esso sostiene il tentativo di modernizzare l’umorismo oraziano con trovate che lo rialzano di tono e lo rendono immediato ed eloquente, attraverso le risorse d’una fraseologia quanto mai plastica ed evidente. Valga d’esempio la satira quinta del primo libro, quella notissima del viaggio a Brindisi compiuto nel 38 av. C. in compagnia di Mecenate e di Virgilio. La versione è caratteristica delle risorse e dei pericoli del metodo del traduttore. Qui si trascorre da una stretta aderenza al testo ad una libertà formale e sostanziale che intacca talvoltail pensiero del poeta e lo deforma. Scopriamo anzi il Mosca in atteggiamento riservato davanti ad alcune espressioni oraziane, realistiche, certo, eppure connaturali al modo di sentire e al costume del tempo, sì che travisandole (sia pure con le più oneste intenzioni) si tradisce Ora- zio: si tratta dei versi relativi al pisolino del poeta davanti ad un caminetto nella città pugliese di Trevico, mentre aspetta una facile fanciulla che ha promesso di venire e non viene; fino a che (traduce il Mosca) « il sonno mi colse tutto preso da desideri innominabili, e per tutta la notte sognai donne discinte galoppanti su cigni ». Orazio non parla affatto di donne galoppanti nè dicigni; dice tutt’altra cosa, e la dice con parole crude ma precise. Il Mosca, davanti a questo passo compromettente, ha creduto di cavarsela scherzando. Strano ohe un umorista spregiudicato e rivoluzionario come lui si preoccupi di edulcorare Orazio. Ma, fatta questa riserva, la quinta satira come la traduce il Mosca è quasi tutta di nostro gusto e l’atmosfera del viaggio vi è tonificata con divertenti trasposizioni dei concetti originali in espressioni moderne di pittoresca evidenza. E le si può mettere accanto la satira nona (quella del seccatore della via Appia), tutta discorsiva, dove il Mosca si muove ch’è un piacere a vederlo anche se comincia traducendo l’oraziano nescio quid meditansnugarum (meditando non so che bazzècole) con la solita immagine fiabesca,
pensando a cigni ecavalli bianchi, che sul terreno realistico della satira è fiore che proprio non attecchisce. Ma nel seguito la vivacità scanzonata della scena e l’eloquio dell'emerito rompiscatole si adeguano allo schema formale della satira e al suo contenuto etico e ne deriva un tono umoristico e paradossale di singolare efficacia. Eccovi alcuni exempla locutionis,
che vi autorizzano ad aggiungere il seccatore romano alla lista dei personaggi ormai celebri dei divertimenti settimanali di Mosca, vuoi l’astuto barone o l’infernale vecchietto o il signor Ulderico:— Sono orfano e scacciato nel dì delle nozze...— Avvenga il doppio tramonto del sole se so qualche cosa di legge...— Chi mi batte, mentre danzo, in mossette ed attuzzi?Insomma, Mosca ha ragione di dire che ha fatto discendere Ora- zio dal suo monumento letterario perchè, ridiventato l’ometto che era, il lettore d’oggi gli si accosti senza soggezione e si diverta a discorrere con lui. Del resto già il Romagnoli, che pur essendo un erudito era un uomo di gusto moderno e sapeva avvicinare i poeti alle folle, disse a proposito delle Satire ch’esse sono tra le opere più traducibili della letteratura latina: e le tradusse infatti anche lui assai bene. Quanto a farle comprendere nella lettera e nello spirito senza bisogno di chiose, il Mosca ha provveduto nel modo che s’è detto; e se gli eruditi si scandalizzeranno, noi ci consoleremo pensando ai moltissimi profani che ameranno Orazio attraverso
questo piacevole travestimento.
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