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( C0629)Pier Paolo Pasolini - Serafino Murri (1995)(25/6)

Aggiornamento: 3 lug 2023


Pier Paolo Pasolini - Serafino Murri

Serie "Il castoro" #14


Italiano | 1995 | 173 pagine


"Io non posso concepire nulla che esuli dal sentimento del mistero. Non trovo mai naturale la natura. Per me i personaggi, gli oggetti e i paesaggi sono sempre sempre antinaturali, cioè segreti"; "Il mio gusto cinematografico non è di origine cinematografica, ma figurativa. Quello che io ho in testa, come visione, come campo visivo, sono gli affreschi di Masaccio, di Giotto..."; "io sto benissimo nel mondo, lo trovo merviglioso, misento atrezzato alla vita, come un gatto. E' la società borghese che non mi piace. E' la degenerazione della vita del mondo".

A quasi quarant'anni dalla scomparsa, tuttora vergognosamente irrisolta, del grande Poeta, le sue riflessioni sull vedere e sulla vita sono aria pulita che ci dà sollievo. L'onestà, la lucidità, l'imbarazzante sincerità: come quando, proprio lui, l'intellettuale più impegnato del '900 italiano, commentando "Le notti di Cabiria" disse di Fellini che "la sua innovazione è tanto più violenta e esplosiva quanto più è inconscia e non impegnata". Sta di fatto che i suoi film, appunto, più esplicitamente impegnati, programmatici, son quelli che meno hanno retto al tempo; mentre la poesia dell'immagine pasoliniana - da "Mamma Roma" a "La ricotta", da "Accattone" al "Vangelo secondo Matteo" - è pura, "pericolosa" rivoluzione. Prendete il piano-sequenza di "Mamma Roma", in cui la Magnani passeggia per raggiungere il "posto di lavoro" e a turno le si affiancano clienti perditempo e amici: come si fa ad impedire una simile bellezza, anche se racconta il lato più oscuro, troppo umano, della nostra società?

Serafino Murri premette al suo appassionato libro una "dedica", dalla quale emerge la consapevolezza dei rischi di un commento all'opera, quanto mai intrecciata alla vita, di Pasolini. Farlo "significa tentare di riannodare le fila di una lucida disperazione messa a tacere", ridotta al "sacco di stracci" rinvenuto all'Idroscalo la mattina del 2 novembre 1975. Parlarne "atraverso i mezzi consentiti da questa provincia culturale, vuol dire, innegabiolmente, parodiarlo". Cioè omologarlo, semplificarne la complessità, dividere ciò che è un insieme unico. Ma il libro svolge bene il suo compito, fortemente orientato a i rapporti fra Pasolini e la società italiana, la politica, la cultura.

Accattone (Franco Citti), con la testa fracassata, chiude la propria parabola mormorando "Ah, 'mo sto bene". Chissà...

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