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(D0621)Jukebox all'idrogeno - Allen Ginsberg(2004)(54/2)

Aggiornamento: 15 mag 2023


Jukebox all'idrogeno - Allen Ginsberg

Serie " La grande poesia - corriere della sera #9"


Inglese/Italiano | 2004 | 316 pagine

Titolo originale: Hydrogen Jukebox

Traduzione: Fernanda Pivano

«Ti saluto all’inizio di una grande carriera»: con queste parole – le stesse che, esattamente un secolo prima, Emerson aveva indirizzato a Walt Whitman dopo aver letto Foglie d’erba – il poeta e editore Lawrence Ferlinghetti si rivolge ad Allen Ginsberg (1926-1997) dopo aver assistito, il 13 ottobre 1955 in una galleria di San Francisco, alla prima elettrizzante lettura pubblica di Urlo. È davvero l’inizio di una «grande carriera». E non solo: è l’inizio di una nuova grande stagione della poesia e della cultura americane, forse la vera data di nascita di quella beat generation con cui, per almeno un ventennio, il costume, la politica e ogni genere di espressione artistica avrebbero dovuto fare i conti in America e nel mondo intero. Amico e sodale di Kerouac e Burroughs, quindi di Gregory Corso, Timothy Leary, Ken Kasey, Bob Dylan, Philip Glass e di innumerevoli artisti, uomini di cultura, di scienza, di religione; poeta ebraico e guru orientale, clown e maestro spirituale, Allen Ginsberg non ha tradito le promesse dei suoi inizi: più di dieci raccolte di poesia, volumi di diari, epistolari, saggi, interviste, dischi, filmati, libri di fotografia. Un esempio assai raro di «vita come opera d’arte» che non è andato a discapito né della vita né dell’arte.

Jukebox all’idrogeno è il titolo suggerito dallo stesso Ginsberg a Fernanda Pivano per l’ormai classica edizione italiana (1965) che raccoglie in un solo volume i due primi – e forse insuperati – libri del poeta, Urlo e altre poesie (1957) e Kaddish e altre poesie (1961). In versi spesso lunghissimi e tuttavia lapidari Ginsberg dà voce a una disperazione traboccante d’energia, salvifica e incenerente, collettiva e al tempo stesso intima, profondamente privata, tenera e piena di commozione. Come in Kaddish , straziante preghiera-elegia per la madre Naomi, morta in manicomio. O in quel Supermarket in California dove il giovane Ginsberg s’imbatte nel benevolo fantasma di Whitman e gli rivolge una domanda malinconica, che nulla ha perso – nei primi anni di questo nuovo millennio – della sua sommessa urgenza: «Ah, caro padre, grigio di barba, vecchio solitario maestro di coraggio, che America avesti quando Caronte smise di spingere il suo ferry e tu scendesti su una riva fumosa a guardare la barca scomparire sulle acque nere del Lete?»

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